martedì 5 novembre 2013

Il Sangiovese di Bolgheri

L'altra sera ho assaggiato il Cavaliere di Michele Satta ad una degustazione, ma la fortuna è stata quella di poterlo provare con Michele a fianco che, benché indaffarato nel suo impegno di mescitore, è riuscito a raccontare con il suo entusiasmo e la sua disponibilità la nascita e l'affezione che prova per questa speciale etichetta della sua produzione bolgherese.
Cavaliere è sangiovese in purezza che nasce da una accurata selezione delle uve, raccolte a piena maturazione, diraspate e fermentate in piccoli tini di legno di quercia, prima di affinare in barrique per dodici mesi e riposare in bottiglia a lungo prima della commercializzazione. Mi spiega Michele come il 2007 sia l'ultima annata in commercio, come cerchi di produrre vini intesi per essere apprezzati da subito quando messi in vendita, sebbene anche capaci di invecchiare e migliorare nel tempo.
E' un IGT in quanto non prevede aggiunte di vitigni internazionali a "sporcare" l'autenticità di questo sangiovese che seppur in una annata difficile come il 2007 è stato capace di regalare un vino davvero notevole per la particolare commistione di eleganza e rusticità.
Più volte Michele si è riferito a lui come a un sangiovese "pinotnoireggiante" (mi si passi la licenza poetica), riferendosi credo alle loro affinità nel colore scarico, nella elegante persistenza e nella notevole complessità. Ci sono però anche le tipiche folate rustiche del vitigno, una bella freschezza e un tannino levigatissimo che si fatica a percepire. Non eccessiviamente strutturato, regala sensazioni fruttate ma anche profumi terziari intriganti come la liquirizia e un sottofondo di cacao.
Non manca un accenno minerale donato da quel terroir bolgherese al quale Michele è cosi legato.

venerdì 25 ottobre 2013

#viniacasamia

Una casa, un produttore, persone.
 
In estrema sintesi questo è #viniacasamia, la formula che Marco Ghezzi ha ideato e alla quale per la prima volta ho potuto partecipare proprio ieri sera in occasione della gradita visita a Milano della Azienda Agricola il Calamaio, da San Macario in provincia di Lucca.


Chiaramente c'è molto più di quanto non dicano da sole le tre parole di cui sopra. C'è l'ospitalità del padrone di casa e il calore di una atmosfera familiare animata da una passione che accomuna tutti i presenti che spesso sono semplici estranei almeno fino a quando non varcano il portone della casa di Marco. Dopo tutto cambia, il vino svolge il suo ruolo di collante invisibile e naturale e tutto si svolge in un ambiente rilassato e gioviale.
La presenza di volta in volta di un produttore che in persona provvede a portare, spiegare e servire i propri prodotti ovviamente fornisce quel quid in più per rendere l'evento unico nel suo genere.
Proprio ieri sera è stato il turno di Samuele, disponibile e appassionato produttore lucchese che ci ha fatto assaggiare i suoi tre vini.
Proprietario dell'azienda Il Calamaio dal 2003, ci spiega come sia ormai avvenuta la trasformazione da una agricoltura convenzionale ad una biologica. Entusiasmante ascoltare la dedizione e la grande attenzione che mette in ogni attività sia in vigna che in cantina, per una produzione che non arriva alle 10 mila bottiglie, un numero straordinariamente piccolo se rapportato alle produzioni medie di tante aziende vinicole, ma che rende ancora più speciale ogni singola bottiglia che produce.
 
 
Il Soffio 2012 è un bianco atipico, composto da un uvaggio originale e sicuramente inedito. L'unione di Chardonnay, Petite Arvine e Petit Manseng crea un vino piacevole, dal colore quasi dorato (il Petit Manseng ci spiega Samuele essere vitigno che contribuisce in maniera particolare al colore), dalla discreta struttura e alcolicità. Forti sferzate sapide (il Petite Arvine stavolta) e una buona freschezza.
 
 
Il Poiana è sangiovese in purezza, stavolta una scelta territoriale. Gran bel prodotto. Il 2011 è pronto da godere, con la sua rusticità, la sua freschezza e un tannino tenue che non ostacola la bevibilità. Nessun passaggio in legno, un vino per tutti i giorni dalla bella complessità e un rapporto qualità/prezzo commovente.

Si chiude con l'Antenato 2012, risultato di vigne più vecchie che superano i 40 anni e di una unione di vitigni autoctoni ormai quasi scomparsi o difficilmente utilizzati in uvaggio (barsaglina, mazzese, buonamico, aleatico ecc..). Soltanto da pochi mesi in bottiglia, lascia intravedere le sue potenzialità con un naso che presenta frutta e accenni speziati, ancora non nitidissimi causa una leggera volatile. In bocca ancora non equilibratissimo, acidità e tannini ci sono e va dato loro il tempo di integrarsi nel frutto e nella splendida piccantezza che ho trovato nel finale. Un vino che aspetterei un anno almeno per ritrovarlo in grande spolvero. 
 
 
In ultimo la confessione di avere piantato da un paio di anni un piccolo numero di piante a Pinot Nero, non ci resta che aspettare per assaggiare la sua versione.
 
Grazie a Samuele e Marco per la bella serata. Alla prossima.

mercoledì 16 ottobre 2013

Abruzzo di sera


Ricordi di una serata settembrina in tono abruzzese presso l'Osteria del Treno a Milano, con un banco d'assaggio composto da quasi un centinaio di etichette di circa una trentina di cantine abruzzesi, sparse su tutto il territorio regionale tra le provincie di Chieti, Teramo e Pescara.

Un tempo le uve del vigneto abruzzese (soprattutto il Montepulciano d'Abruzzo) erano per la maggior parte "esportate" fuori regione per fungere da uve da taglio, ora invece le cose stanno cambiando e le produzioni di qualità sono in forte aumento. Resta il Montepulciano il vitigno portabandiera della regione, così come sono i vini rossi a costituire la maggioranza del vino prodotto.

Ecco divisi tra bianchi e rossi quelli che più mi sono piaciuti e/o mi hanno sorpreso per una particolare caratteristica o modalità di produzione.

Pasetti Colle Civetta 2011 
Uno dei due pecorino dell'azienda Pasetti, il più complesso, affinato sulle fecce nobili per 2 mesi prima di una sosta di quasi un anno in bottiglia. Bel prodotto, color giallo paglierino tendente al dorato. Naso di discreta complessità con sentori di frutta matura, sambuco, ma anche già più evoluti di gomma, un lieve accenno di tropicalità.
Morbido in bocca, abbastanza caldo, di una certa ampiezza, abbastanza persistente e con una struttura niente male. 
 
Notàri Trebbiano Superiore Nicodemi 2012 
Gran bel trebbiano. Struttura importante, 10% affina e svolge malolattica in barriques, il restante in acciaio. 
 
Masciarelli Trebbiano Colle di Semivicoli 2009 
Trebbiano ottenuto da viti pluridecennali, note ancora fresche al palato, un filo scarico nel suo sviluppo organolettico ma comunque di interessante struttura. Un intero anno in acciaio prima di 18 mesi di bottiglia.
 
Escol San Lorenzo 2008 
Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Riserva. Primo esempio di Montepulciano di grande spessore, ancora un bambino questo vino che poco si svela nel bicchiere dato che necessiterebbe di molti più anni per avvicinarsi al suo picco evolutivo. 24 mesi di barrique che si fanno sentire ma sono ben amalgamate alla frutta rossa e alle note speziate. Buona morbidezza ma la gioventù denota ancora l'irruenza del tannino e la sua parallela alcolicità. Molto buono e da aspettare.
 
Iskra Masciarelli 2004 
Prodotto relativamente nuovo questo Iskra da parte della azienda Masciarelli, una "scintilla" (questo il significato di iskra) nata nel 2003 e del quale si è potuto assaggiare l'annata 2004. Viti con età media di circa 45 anni, un intero anno ad affinare in barrique nuove prima di passare un anno in acciaio e ancora altro tempo in bottiglia ad assestarsi. Grande eleganza e longevità.
 
Contesa Montepulciano 2008 
Altra riserva di Montepulciano, 10/12 giorni di macerazione con rimontaggi prima dell'affinamento di 20 mesi in botti grandi da 30hl (uno dei pochi assaggiati). Vino di grande struttura che a differenza dei suoi cugini barricati regala sensazioni molto meno tostate e più verdi, con note di olio d'oliva davvero interessati. Medio corpo rispetto ad altri assaggi, ottima persistenza.
 
Harimann Pasetti 2006 
Mastodontica versione di Montepulciano. 24 mesi di barrique e 18 di riposo in bottiglia. Di grande intensità e finezza, possente nel corpo e nella struttura, persistenza quasi interminabile, con una morbidezza e una alcolicità che rimandano a produzioni in stile amarone e sforzato. Ampissime possibilità di invecchiamento. Vino di razza.

giovedì 10 ottobre 2013

Albani - Costa del Morone 2004


Pranzo domenicale a base di carne, richiesta di un rosso di un certo corpo. Il cibo lo suggerisce, il clima lo avvalla.
In cantina trovo questa bottiglia che riposa da qualche anno ormai, classico rosso Oltrepò. Diffido leggermente perchè troppe volte sono rimasto deluso da questi uvaggi oltrepadani, spesso estremamente gnucchi e coperti dalla nota legnosa.
Mi convinco però perchè Albani è un produttore che conosco personalmente, ho assaggiato la loro Bonarda diverse volte e in diverse annate e ho un ricordo ancora vivido di una Barbera 2005 da urlo. Producono tramite Agricoltura biologica da più di un decennio ormai e questo rosso è guarda caso datato 2004, quindi già all'interno di questa finestra temporal-biologica.
Decisione presa, stappatura immediata, circa 3 ore prima del pranzo, perchè questo bisonte ha bisogno di un minimo di respiro prima di regalarsi ai suoi commensali.

Eccoci finalmente alla mescita.
Nel bicchiere rosso granato sorprendentemente scarico di colore, penso a una macerazione non troppo lunga, consistenza importante.
Naso interessante, di non irreprensibile finezza ma con un ventaglio olfattivo piuttosto ampio. Le ore di ossigenazione hanno aiutato. Note floreali (composizioni di fiori rossi) e fruttate (mora, mirtillo), alcune speziate, legno di sandalo, cannella, una lieve sfumatura chinata, cuoio, accenni balsamici sul finale.
All'assaggio parte in sordina, si lascia andare dopo qualche tempo scoprendo piano piano dapprima la sua ancora grande freschezza (la barbera mi dico), poi l'irruenza di un tannino ancora presente sebbene non troppo ruvido. Interessanti cenni carnosi in bocca, quasi ematici. A tratti pare di sentire della passata di pomodoro. Ancora la frutta, chiude con una vena quasi liquorosa in stile Porto. Molto caldo nel finale, forse troppo. I suoi 15 gradi e mezzo si sentono tutti, va detto.
Il lieve residuo nel bicchiere e in bottiglia mi lasciano il dubbio filtrazione si, filtrazione no.
Interessanti domande alle quali spero di ottenere risposta nella mia prossima visita, era l'ultima bottiglia.

sabato 5 ottobre 2013

Bott Freres Riesling Reserve Personelle 2009


Riesling e Alsazia, connubio praticamente inscindibile, di quasi immediata associazione, non fosse che il vitigno bianco (forse) più famoso tra i wine nerds cresce (tanto e bene) anche in Germania e non solo.

Qui siamo a Ribeauville, capoluogo della regione più bianchista della enologia francese.

Nel bicchiere bel colore pieno, il naso che ti aspetti, minerale, le famose note idrocarburiche lì che spingono, quasi nascondono le sfumature fruttate. Invita alla beva non c'è che dire.
L'assaggio è abbastanza opulento, dapprima il residuo zuccherino (circa 13 g/l), poi la pesca e qualche lieve nota citrina, chiude l'attesa sferzata acida, non tutta quella che mi aspettavo a dire il vero.
 
Bottiglia pulita, diretta, senza sbavature e con le basilari caratteristiche di un riesling alsaziano da libro di testo. Manca un pò l'antitesi dolce-acido che tanto spicca in Mosella. Un filo flebile lo sviluppo aromatico gusto-olfattivo.

Un vino ben fatto, ma non ho trovato l'anima.

mercoledì 2 ottobre 2013

Farewell Nalba



Ci siamo, la fine è arrivata.

Tennistica intendiamoci, ma tant'è quella conta per noi. La Nalba è arrivato al capolinea, troppo carico di acciacchi per continuare a lottare con ragazzini assatanati e per tentare operazioni di recupero lui che mai è stato uno Stacanov dell'allenamento e mai si è distinto per un fisico scultoreo, sfoggiando fieramente una pancia che suggeriva qualche asado e qualche birra di troppo.

Non mi metterò a snocciolare dati e statistiche sulla carriera, chè ci sono tanti a farlo e anche molto meglio di me. Mi limiterò a dire che finirà ricordato come uno dei migliori tennisti argentini all-time, di sicuro uno tra i giocatori più completi e talentuosi a non avere mai vinto un titolo dello Slam (l'unica finale, giunta a sorpresa e troppo presto, non ebbe storia a Wimbledon contro Rusty Hewitt al suo meglio, lontano 2002), ma con scalpi eccellenti e numerosi (scherzò Nadal più volte indoor) e non sempre in tornei minori, aggiudicandosi un Master di fine anno in finale con il Federer del trienno cannibale (2005).

Il carattere non sempre facile lo porta ad alcune frizioni interne (con Palito soprattutto) nel team di Davis, che ha avuto per anni il potenziale per vincere la sospirata insalatiera e mai è riuscito nell'intento. 
Lascia quindi con qualche rammarico non più risolvibile per ovvie ragioni anagrafiche ma soprattutto fisiche, troppi gli infortuni affrontati in questi anni e una spalla ormai fuori uso.

Addio Nalba, ci mancherai. 

lunedì 30 settembre 2013

Librandi, la Calabria nel bicchiere






















Assaggio quasi completo della azienda Librandi, portabandiera della viticultura calabra.

Efeso bianco 2011


Da uve Mantonico, coltivate nel comune di Rocca di Neto in provincia di Crotone.
Color giallo oro lucente, intenso al naso con profumi di bianco in evoluzione, frutta gialla matura, alcune note tropicali alternate ad alcuni sentori piu’ legati all’invecchiamento in legno. L’uva affina 8 mesi in barriques di Allier di primo e secondo passaggio piu’ una breve sosta in bottiglia prima della commercializzazione. Abbastanza intenso al naso, in bocca ingresso floreale subito accompagnato da una forte nota vanigliata e di banana matura. Non manca un sottofondo di mineralità. Abbastanza fine e nel complesso un prodotto interessante per essere un vino certamente sotto traccia nella produzione di Librandi, solo 12000 bottiglie prodotte per un produttore da circa 2 milioni e mezzo di bottiglie l’anno.


Cirò Rosso Classico 2011


Il rosso più semplice della batteria. Rosso rubino scarico con già un'unghia granata, abbastanza consistente.
Il naso è vivo, di discreta complessità con note leggermente affumicate che mutano verso sentori più netti di frutta rossa ancora abbastanza fresca (fragola e lampone), alcune note carnose come di carne rossa in marinatura,
Buona freschezza all'assaggio, alcolicità che spicca leggermente, medio-debole il corpo e un filo corto sul finale. Tannino ancora ben presente.
Non ancora assestato a mio avviso, con profumi interessanti non del tutto ritrovati in bocca.
Da riproporre in qualche mese non di più.



Duca San Felice 2009


Uno dei vini simbolo della produzione di Antonio e Nicodemo Librandi. Gaglioppo 100% per un Ciro’ Rosso Classico Superiore Riserva ottenuto nell’area di Ciro’ Marina da terreni argilloso calcarei. Viti allevate ad alberello, vinificate in acciaio termocondizionato, affinate 3 anni in acciaio prima di una leggera sosta in bottiglia per la stabilizzazione finale prima della messa in commercio. Nel bicchiere un rosso rubino scarico, al naso piccoli frutti rossi, leggere note floreali, delicato. Di medio corpo in bocca, discreta acidità sorretta da un bel tannino ancora presente. Sempre presente la nota fruttata che accompagna la beva fino al finale un poco caldo.




Gravello 2010



Ancora Gaglioppo con una discreta aggiunta di Cabernet Sauvignon. Il 40% di Cabernet apporta quella nota erbacea tipica del vitigno insieme alla frutta rossa, con la ciliegia in primo piano. 12 mesi in barrique e 6 mesi in bottiglia. Un vino abbastanza complesso per abbinamenti con piatti abbastanza importanti o formaggi di media evoluzione.





Magno Megonio 2010


E siamo al Magliocco, altro vitigno autoctono calabro, terra di innumerevoli vitigni autoctoni, la maggior parte dei quali in via di estinzione o quasi, con pochissimi produttori con il coraggio di riscoprirne alcuni ove intravedono potenzialità. Rosso rubino fitto e quasi impenetrabile. Naso intenso e complesso. In bocca spicca per setosità e morbidezza, elegante nel suo sviluppo, prima frutta rossa di una certa maturazione, poi spezie dolci e liquirizia sul finale. Tannino ben gestito e non troppo irruento. 16 mesi di barrique e sempre 6 mesi in bottiglia prima della messa in commercio. Legno non troppo evidente, le sfumature fruttate rimangono ben presenti.
 
 

venerdì 20 settembre 2013

Sorsi siciliani


Don Saro, Terre Mosse - Azienda alle pendici dell'Etna in quel di Linguaglossa. Un bianco frizzante da uve autoctone con prevalenza di catarratto e grillo. Naso fine e fresco con lievi note floreali e di frutta a polpa bianca. In bocca buona freschezza e croccantezza dovuta alla presenza di carbonica piacevole al palato. Una bevuta semplice adatta per un aperitivo leggero a base di verdura o pesce non troppo cucinato.

Murgo, Etna bianco 2012 - Azienda della famiglia Scammacca del Murgo, nella Tenuta San Michele, pendici etnee. Predomina il Carricante, con un 30% di Catarratto. Giallo paglierino e naso di fiori bianchi, poco altro. In bocca non di particolare personalità, acidità spiccata e detonante mineralità. Vino non particolarmente entusiasmante, introduttivo nello sconfinato panorama dei bianchi siciliani, niente di più.

Sallier de la Tour, Syrah 2009 - Tenuta di proprietà di Tasca d'Almerita nella DOC Monreale. Syrah siciliano di interessante riuscita, malolattica interamente svolta a garantire una buona rotondità, frutta rossa polposa combinata a sentori di vaniglia e tabacco dolce, speziatura, pepe nero. Tannino gradevole. Solo il 30% del mosto in tonneau francesi, il resto solamente acciaio. Bevuta gratificante, seppur ancora abbastanza semplice.

Mandrarossa, Costadune 2011 - Rosso rubino di buona vivacità, con naso molto fruttato. Anche in bocca tanta frutta rossa (lampone, prugna) e nera (mora, mirtillo) integrata ad una buona acidità. Ancora invadente il tannino e non troppo equilibrato il finale. Da aspettare magari un annetto.

Firriato, Chiaramonte 2010 - Nero d'Avola interessante. Bell'intensità di colore nel suo rubino compatto. Caratteristiche note olfattive di prugna, mora e mirtillo, ma poi anche pepe nero, cannella, lieve sentore di tabacco sul finale. Bella corrispondenza in bocca, si sentono i 6 mesi di barriques e la malolattica completamente svolta che garantiscono morbidezza e un tannino ora vellutato. Discreta persistenza seppur di poca complessità in fondo. Giusto momento per aprirlo in ogni caso, non migliorerà più di così. 

Firriato, Santagostino Baglio Sorìa 2012 - Equa divisione di Catarratto e Chardonnay per un bianco di discreta struttura. Bel colore giallo paglierino pieno, naso intrigante dalle note fruttate e floreali, una certa tropicalità viene fuori. Bella bocca saporità e piena, acidità e mineralità sono ancora prorompenti, ci sarà tempo per un pò più di rotondità, quando usciranno le note lasciate dai mesi in barriques nuove. Bevuto con un cous cous di pesce si è ben comportato. Non un vino stupefacente ma un porto sicuro.

Murgo, Arbiato 2011 - Chardonnay vulcanico, non male davvero. Vigneti di 500 metri slm in media, parte dell'affinamento in barriques per 6 mesi, 12 ore di criomacerazione. Naso ampio e fine, con sentori vellutati di vaniglia e boisè. All'assaggio la rotondità è guarnità da una spiccata mineralità che rende il vino più complesso e persistente. Buon vino per qualche piatto di pesce di una certa complessità.

Mandrarossa, Viognier 2012 - Uno dei bianchi monovitigno di questa nota realtà siciliana. Davvero giovane e pimpante, decisamente spostato sulle durezze. Secco, sapido freschissimo. Anche per questo forse davvero food friendly ma lo spettro di piatti ai quali accompagnarlo non è ampissimo. Bevuto con una pizza un pò piccante non ha performato al meglio per il mio palato.

Gulfi, Nerojbleo 2009 - Nero d'Avola straordinario, risultato di un lavoro eccellente da parte di quella che è una delle più affidabili aziende siciliane come livello medio dei suoi prodotti, fautrici della viticoltura biodinamica. La tipicità del vitigno è qui rispettata in pieno, nel bicchiere troviamo frutta rossa, note speziate dolci, profumi legati all'invecchiamento, sentori evoluti di tabacco dolce e propoli. Grande persistenza, tannino docile e integrato. Lunga macerazione sulle bucce, malolattica svolta interamente, affinamento in botti da 500 e 225 litri dove sosta un anno almeno prima di migliorarsi e stabilizzarsi in due anni di bottiglia. Ho avuto il piacere di berlo con una strepitosa trippa in quel di Modica. C'è di meglio?

Commentate, concordate, discordate.

venerdì 30 agosto 2013

Pierre Frick, maestro della biodinamica


Rue Baer numero 5, Pfaffenheim.

Anche per chi è molto appassionato di vino, e magari in particolar modo del vino alsaziano, potrebbe essere difficile associare questo indirizzo a qualcosa di specifico, non parliamo nemmeno di chi non è addentro vicende vinicole, che solo il nome del paese sembra pronunciato da qualcuno che ha appena preso un pugno nei denti.


Invece questo è l'indirizzo del Domaine Pierre Frick, un Signor produttore che vinifica in questi luoghi da dodici generazioni, non proprio da qualche giorno.

Ho avuto il piacere di visitare la sua tenuta qualche settimana fa, in una calda mattinata di fine Luglio. L'azienda è attualmente condotta da Jean-Pierre Frick insieme alla moglie Chantal e con il supporto del figlio Thomas, la futura generazione.

Ciò che distingue la loro azienda da molte altre in Alsazia è il loro modello di viticoltura. Nel 1970 hanno iniziato con la viticoltura biologica, successivamente tradotta in biodinamica dal 1981. Questo significa che sono più di venti anni che il Domaine Pierre Frick lavora vigne e vigneti in maniera biodinamica, producendo vini naturali così tanto in voga negli ultimi anni, ma davvero sconosciuti ai tempi, fatti salvi alcuni pionieri e precursori che hanno tracciato la via per i tanti produttori di oggi.

Per chi vuole avere una idea più approfondita della cultura biodinamica e del suo esponente principale Nicolas Joly, può guardare qui un incontro del produttore con Gary Vaynerchuck, famoso wine blogger americano. 
Proprio in questa intervista Joly menziona i pochi produttori che negli anni '80 hanno intrapreso questo percorso naturalista, tra i quali proprio Frick, rue Baer 5, Pfaffenheim.

Ecco perchè con grande piacere ho incontrato Jean-Pierre, che con grande ospitalità mi ha guidato in una degustazione che ha spaziato su quasi tutta la produzione.
L'azienda è in possesso di circa 12 ha di vigneto suddivisi in diverse parcelle, mai più distanti di 15km, con 3 Grand Cru (Steinert, Vorbourg, Eichberg).


Pinot Noir 2008
Rosso rubino scarico, tipico del vitigno. Buona intensità, tannino levigato, leggeri sentori di frutti rossi.
Pinot Noir Rot Murlè 2007
Rosso rubino con venature granate. Naso più evoluto, con piccoli frutti rossi che lasciano spazio a note di incenso e spezie. Bel tannino, finale lungo.
Pinot Noir Rot Murlè Terasses 2005
Vigna di circa 45 anni. Rosso granato brillante. Naso complesso, si sente il legno derivante da invecchiamento in tonneau centenari, ma ben integrato il frutto che si accompagna a note terziarie di tabacco, cacao e incenso. Sorso minerale, con lunga persistenza.



Riesling 2009 

Paglierino pieno. Fiori freschi e frutta gialla, alcuni accenni agrumati. Abbastanza equilibrato, finisce fresco e sapido.

Riesling Grand Cru Vorbourg 2009

Dal vigneto Vorbourg, esposto sud-sud-est, con terreni calcareo-marnosi. Giallo paglierino carico. Complesso con note citrine fresche abbinate a fragranze più evolute di tabacco dolce. Preciso in bocca, nota sapida abbastanza marcata. 0,8 g/l di zucchero residuo.
Riesling Grand Cru Steinert 2009
Differenza abissale dal coetaneo Vorbourg. Vigneto con esposizione a est da suoli prettamente calcarei, secchi e aridi. Giallo paglierino tendente al dorato, naso intenso e ampio, con note di pesca gialla verso la piena maturazione, albicocche secche, note floreali sfumanti verso toni più minerali e agrumati. In bocca suadente e di grande piacevolezza, 14 g/l di residuo zuccherino regalano una morbidezza avvolgente.

Riesling Rot Murlè - Zéro Sulfite giouté 2010
Il vino naturale nella sua essenza. Nessuna aggiunta di solfiti, nessun filtraggio. Giallo paglierino con riflessi tendenti al verde chiaro. Naso di grande varietà e stravaganza, parte con note di buccia di limone e fragranze fruttate, per mutare in corsa e portarci su toni più salini e minerali, freschi e sapidi. Insieme alla spalla acida presente un filo di piacevolissima carbonica. Malolattica interamente completata.

 
Pinot Gris Zéro Sulfites gioutés 2009
Altro vino senza aggiunte di solfiti, altra grande interpretazione, stavolta di Pinot Gris. Note speziate travolgenti (pepe bianco, rabarbaro) si abbracciano a note di lievito e pan brioche, tenui sentori di frutta bianca essiccata. Si sposerebbe perfettamente con piatti altrettanto speziati.

Gewurztraminer 2008

Giallo paglierino con venature oro. Naso franco, con fragranze speziate e fruttate. Abbastanza fresco, finisce su note di spezie dolci e un lieve tenore zuccherino.

Sylvaner Bergweingarten 2004

Pezzo raro della collezione. Jean-Pierre è convinto delle potenzialità del vitigno al punto tale da sperimentare una vendemmia tardiva di Sylvaner, cosa che non si vede tutti i giorni. Risultato stupefacente. Raccolta manuale a fine vendemmia di grappoli muffati. 9 mesi sui propri lieviti e invecchiamento in tonneau. 33 g/l di zucchero residuo.

Giallo dorato. Naso di grande finezza e ampiezza, spazia da note di frutta candita ad alcuni sentori balsamici e di lievito. Persistenza notevole.

Gewurztraminer Vendanges Tardives Grand Cru Eichberg 2007

Terzo e ultimo Grand Cru assaggiato, Eichberg è un vigneto dal terreno calcareo-marnoso con altitudine compresa tra 200 e 350 metri slm. Gode di un microclima favorevole, secco e temperato, con la più bassa piovosità registrata nell'intera area di Colmar. Color oro brillante, elegantissime note di frutta tropicale, complessità da vendere. In bocca molto ampio, quasi viscoso al palato, ancora tropicalità (mango, papaya, ananas) unita a sferzate minerali accompagnate da una leggera spalla acida vitale. Infinitamente persistente. Vino grandioso.
Grazie Jean-Pierre. A presto.

giovedì 29 agosto 2013

Sauvignon 2011 - Azienda Agricola la Tosa

Seppur da non molto tempo sdraiata in cantina, decido che è venuta l'ora per il Sauvignon dell'Azienda Agricola la Tosa, caposaldo della viticultura piacentina in quel di Vigolzone.
Sono da sempre un appassionato di sauvignon, attratto per lo più dalle interpretazioni friulane e altoatesine ho spesso e volentieri dato opportunità di sorprendermi a sauvignon geograficamente molto disparati per trovare analogie e/o spiccate differenze con quelli che vengono generalmente definiti i tratti caratteristici del vitigno.

Le vigne Morello, Sorriso e Cà di Terra contribuiscono a formare questo vino che affina 7 mesi sui lieviti fini prima di essere imbottigliato in un numero che si avvicina alle 11000 bottiglie, mica poi così poco. L'etichetta è azzeccata, semplice ed essenziale davanti, un compendio di dettagliatissime informazioni agronomico climatiche dietro, dove si viene quasi accompagnati a ritroso a rivivere le circostanze salienti del ciclo vegetativo.
 
Nel bicchiere giallo paglierino, spicca la consistenza, non sono nascosti i 14% vol. che anche l'etichetta svela. Intenso e varietale al naso, verde, molto più vegetale che fruttato, evidenti e intriganti note di sedano e verdura cruda fresca sembrano al principio coprire le più attese fragranze di pompelmo e agrumi che si fanno largo con l'andare del tempo.  
In bocca secco, deciso, abbastanza fresco, caldo, marcatamente sapido. Le note vegetali ritornano (sedano, foglia di pomodoro) per una naturale franchezza con l'analisi olfattiva.
La sapidità continua a farci strada fino alla fine del sorso, con un retrolfatto ancora citrino di discreta piacevolezza. Buon corpo, abbastanza percettibile la sua "meridionalità" rispetto ai suoi cugini altoatesini. 
Le note sapide personalmente hanno compromesso un pò la facilità di beva, forse qui più che in altri casi serve un piatto che smonti la salinità evidente. 


Forse ancora bottiglia non del tutto pronta, da attendere.

sabato 24 agosto 2013

I top ten ATP e i loro equivalenti in bottiglia


Imbottigliamo come puro divertimento i primi dieci giocatori della classifica ATP in dieci vini che meglio rispecchiano a mio giudizio le loro attitudini dentro e fuori dal campo (soprattutto dentro).

#10 Stanislas Wawrinka (SUI)                                                  Ex Voto Hermitage Rouge   Etienne Guigal


Il buon Stan me lo immaginerei  come un’ottima bottiglia di Cote-Rotie. Straordinaria qualità, infinitamente apprezzato dagli intenditori eppure sempre un po’ oscurato dall’aura di qualche compatriota più famoso (mi viene in mente un altro tennista svizzero appena più famoso). Come le vigne del Rodano è sempre arrostito dal sole poi, con tanto di crema. Il suo rovescio  a una mano rievoca i bei tempi passati ed è roba di gran classe, speziato come solo un syrah di Guigal può essere quando alla sua massima espressione. Eterno secondo, ma con stile.




#9 Richard Gasquet (FRA)                                                                        La Coulée de Serrant – Nicolas Joly


Il piccolo francese dal braccio d’oro ricorda tanto gli chenin blanc di Nicolas Joly, pioniere della biodinamica, che nella Valle della Loira produce secondo i dettami del metodo Steiner regalandoci a volte bottiglie di ineguagliabile eleganza, a volte delle vere e proprie ciofeche. Richard cuor di leone, dal rovescio sopraffino, ci ha ormai abituati ad alti e bassi degni del miglior ottovolante disneylandiano, lasciandoci spesso a bocca aperta con colpi eccezionali per poi alla fine perdere partite già vinte. Avercene però.
 
#8 Jo-Wilfired Tsonga (FRA)                                                                     Riesling Vendange Tardive – Hugel
Altro francese in top ten e altro vino francese (ça va sans dire). Jo-Willy  lo equiparerei  a un altro bianco, ma più di corpo (e vorrei vedere, è praticamente la copia di Cassius Clay), una vendemmia tardiva di Hugel da uve riesling. Jo infatti nonostante un gioco esplosivo, è capace di giocate raffinate e ha una mano dolce (ma non dolcissima) come solo un VT alsaziano può essere.  Come un riesling poi necessita pazienza per disvelarsi in tutte le sue peripezie organolettiche ancora noi stiamo aspettando lo Tsonga d’annata per una vera zampata francese in un Grande Slam. In attesa, sperando non sappia di tappo.
#7 Roger Federer (SUI)                                                                                                     Clos du Mesnil – Krug
Stavo sbagliandomi a scrivere il numero 7 quando ho pensato a Roger Federer (per caso qualcuno solo appassionato di vino ma non di tennis non sa di chi sto parlando?), eppure tant’è, ormai al numero 7 del ranking. Federer non potrebbe non essere la più famosa luxury cuvèe del più famoso produttore di Champagne del pianeta. Non solo per ciò che entrambi rappresentano, ma anche per la loro eleganza, l’equilibrio, l’armonia e la classe che dimostrano ogni volta che “scendono in campo”. Lunga vita ai Re.
#6 Juan Martin Del Potro (ARG)                                                                              Opus One – Opus Winery
Primo esponente new  world e per il famoso principio della concordanza andiamo su un vino cult del nuovo mondo. Juan Martino è stato capace di interrompere l’egemonia federeriana agli Us Open 2009, con una prestazione super fatta di poderose mazzate da fondocampo. Il suo gioco è come un Cabernet Sauvignon californiano, potente, robusto, a tratti legnoso, incredibilmente energico. Forse monocorde e un pò senz’anima, ma di grande livello.

#5 Tomas Berdych (CZE)                                                                   Private Reserve Chardonnay – Beringer
 
Algido ceco dai capelli biondi come uno chardonnay invecchiato in legno, Tomas è un perfetto bianco della Napa, di corpo, prestante, dai colpi potentissimi e piatti come un'incudine. Purtroppo al pari della sua equivalente bottiglia, estremamente legnoso e ripetitivo. Esprime il meglio solo in certe situazioni ma difficilmente regala l'acuto che lo rende imbattibile. Incompiuto.

 
#4 David Ferrer (ESP)                                                                        Bricco dell’Uccellone – Giacomo Braida
Infaticabile lavoratore del tennis il buon David potrebbe essere una barbera, ma di qualità, magari invecchiata per benino. Se non si nasce pinot nero meglio non provare a diventarlo, meglio affinarsi per quel che il vitigno può regalare. E questo giocatore nel tempo si è migliorato eccome, rimanendo un po’ spigoloso come una buona barbera richiede, ma acquisendo una gran versatilità e anche un filo di complessità (di gioco). Campagnolo d’annata.
 
#3 Andy Murray (SCO)                                                Grands Echézeaux – Domaine de la Romanée-Conti
Primo britannico a trionfare a Wimbledon dal 1936, lo scozzese sembra aver trovato tutti gli ingredienti per potersi affermare sui propri diretti avversari. Per me può assomigliare a un grande pinot nero, talvolta scorbutico e attendista, se nelle migliori condizioni dispiega un ampissimo campionario di profumi (pardon, colpi) che nessuno al momento possiede. Forse manca un filo in eleganza per essere un Romanée-Conti, ma il tempo può essere dalla sua parte. In affinamento.
#2 Rafael Nadal (ESP)                                                             Brunello di Montalcino – Tenuta Biondi Santi
Rafa Nadal e i suoi tic si meritano di essere un  Brunello di Biondi Santi (e scusa se è poco), leggendario, emblema del proprio ambito in terra nazionale e trascinatore di tanti che hanno provato a seguirne le orme, (quasi tutti) senza farcela, qualcuno anche con qualche aiutino non lecito (più scoperti i brunelli dopati finora). Si somigliano perché abbinano possenza e aggressività a componenti di grande territorialità e aderenza al proprio terroir d’origine. Così come nemesi è stato del rivale Federer, così non vedo altro vino come il Biondi Santi così lontano per caratteristiche e approccio mainstream al sopracitato federeriano Krug.
 

#1 Novak Djokovic (SRB)                                                                                    Chateau Margaux – Margaux
Al numero uno rendiamo omaggio con uno Chateau Margaux. Bordeaux è da sempre sinonimo di ricerca spasmodica della perfezione, di pulizia esecutiva, di sfarzo sebbene non tutti siano d’accordo sul fatto che i suoi vini siano effettivamente i migliori o i più emozionanti. Djokovic  mi ricorda questi dibattiti, è indubbiamente completo, fortissimo, estremamente composto nel suo tennis ma allo stesso tempo sempre controversa è la discussione sul suo reale valore di numero uno e sulla sua simpatia da parte degli addetti ai lavori. Certo Margaux è bottiglia che si ricorda, così sarà per Nole.


 

lunedì 19 agosto 2013

Valtellina Superiore ai suoi massimi - Nino Negri Vigneto Fracia 2009


La Valtellina è ormai da anni ai vertici dell'enologia italiana, un'area vinicola capace di regalare rossi straordinari da quelle uve nebbiolo, qui chiamate localmente Chiavvenasca, così famose in Langa. Valtellina Superiore è una delle denominazioni ammesse, insieme al Rosso di Valtellina e al più famoso Sforzato.

Nino Negri è certamente il produttore più famoso dell'intera regione, un'azienda con sede a Chiuro con una storia ormai più che centenaria alle spalle.

Il Vigneto Fracia è una delle bottiglie di punta dell'intera produzione, un Valtellina Superiore importante ottenuto da uve selezionate di uno specifico cru aziendale, quello che dà appunto il nome al vino. Il vigneto si trova nella sottozona Valgella, la più estesa delle cinque sottozone che compongono l'area vitivinicola valtellinese insieme a Inferno, Sassella, Grumello e Maroggia. 

Da questo cru aziendale di 7 ha nascono le uve che compongono il Vigneto Fracia, le vigne crescono sui tipici ripidi terrazzamenti valtellinesi con allevamento a Guyot su un terreno franco sabbioso con esposizione a Sud.
I grappoli sono stati selezionati e vendemmiati a fine Ottobre, una vendemmia tardiva che ha permesso una maggiore concentrazione degli zuccheri nell'acino.

Venti i mesi di sosta del vino in botti di rovere di secondo passaggio, prima di un ulteriore affinamento di 6 mesi in bottiglia che precede la commercializzazione.  
Dal sito ufficiale si conoscono anche interessanti annotazioni riguardo all'annata 2009 che ha visto, cito testualmente: "un Gennaio dove le precipitazioni nevose si sono succedute cospicue e continue apportando un buon rifornimento idrico alle piante. La primavera è risultata variabile alternando temperature calde e fredde, poi da Maggio il caldo si è stabilizzato protraendosi fino a metà Agosto. Dopo alcune pioggie il tempo si è assestato mantenendosi bello per i mesi di Settembre e Ottobre favorendo una buona maturazione delle uve".

Andiamo alla degustazione. Nel bicchiere il vino si presenta di colore granato, consistente. Al naso intenso con note speziate (pepe nero, lieve cannella) e di legno a far da guardia a altri sentori più delicati di frutta rossa in confettura e fiori secchi e appassiti con la viola su tutti. Elegante. Le premesse olfattive sono entusiasmanti e in bocca si trovano solo conferme, ingresso setoso, intenso e fine, morbido, di ottimo corpo, sufficientemente caldo, tannino non invadente seppur vivo.
La barrique si integra magistralmente con le note acidule del frutto, prugna soprattutto, finale ancora speziato, lieve ritorno di cannella e alcune note cioccolatose e di liquirizia. Persistenza notevolissima.
Un gran vino, perfetto per abbinamenti territoriali come pizzoccheri e piatti di carne arrosto. Speciale con formaggi stagionati, ma non sfigura affatto se bevuto da solo come vino da meditazione.