Quest'azienda di
Broni produce un buon numero di bottiglie, suddivise in alcune linee di
produzione, tra le quali la linea Bertè Cordini, selezione di punta
dell'azienda.
Al suo interno
troviamo lo Chardonnay Lughet, che ho avuto il piacere di bere recentemente (un
vino che piace non lo si assaggia solamente, lo si beve anche) e che mi ha
davvero colpito.
Tutti sappiamo che
lo Chardonnay è un vitigno che cresce praticamente dappertutto e che si può
trovare in ogni paese che possieda anche una benchè minima produzione
vitivinicola. Spesso però i risultati non sono entusiasmanti e ci si trova nel
bicchiere un vino con poco carattere e quindi totalmente
anonimo.
Se vogliamo a grandi
linee fare alcune distinzioni trovo che due grandi espressioni di questo vitigno
le si possano trovare in Borgogna (nella Cote de Beaune si trovano i migliori
cru che danno vita a vere e proprie gemme enologiche, dal costo però paragonabile a
gemme stavolta intese come pietre preziose) e perchè no in California, dove chiaramente
il terroir è completamente diverso così come l'approccio di chi vinifica nel
cosiddetto new world. Ciò non toglie che alcune aree come Monterey o la Russian
River Valley siano molto rinomate per i loro Chardonnay dai forti toni
barricati.
Torniamo al nostro
Lughet senza andare troppo lontano. Nel bicchiere un giallo paglierino carico,
tendente al dorato, con una bella limpidezza. Al naso intenso con note di legno
a ricordarci gli 8 mesi di barriques (sia nuove sia di primo passaggio) dove il
vino viene lasciato a maturare. Numerosi batonnages e una criomacerazione di 24
ore sulle uve garantiscono da un lato una maggiore estrazione e ricchezza,
dall'altro una più edulcorata sensazione di legno che infatti al naso sfuma per
lasciare spazio a sensazioni fruttate, con frutta esotica e tropicale in netto
rilievo. Anche l'assaggio è convincente, i suoi quasi quattro anni non si
sentono. Un filo debole in ingresso, discreta carnosità, ancora accentuate note di frutta gialla, grande
tropicalità e un bel finale dove l'acidità è ben viva e ci lascia presagire una
vita residua di un paio d'anni ancora almeno, buona infine la persistenza.
Un vino che strizza
l'occhio più agli Chardonnay californiani (chissà che non c'entri il periodo
passato lì dal bravo enologo Matteo Bertè) ma senza tutta la pesantezza della
barrique che qui si sente ma è ben integrata col frutto. Con un pò più di
polposità e di estrazione potrebbe davvero giocarsela alla pari con tanti
Chardonnay di punta della produzione italiana.
Il prezzo poi è
interessantissimo.
Nessun commento:
Posta un commento