In estrema sintesi
questo è #viniacasamia, la formula che Marco Ghezzi ha ideato e alla quale per
la prima volta ho potuto partecipare proprio ieri sera in occasione della
gradita visita a Milano della Azienda Agricola il Calamaio, da San Macario in
provincia di Lucca.
Chiaramente c'è
molto più di quanto non dicano da sole le tre parole di cui sopra. C'è
l'ospitalità del padrone di casa e il calore di una atmosfera familiare animata
da una passione che accomuna tutti i presenti che spesso sono semplici estranei
almeno fino a quando non varcano il portone della casa di Marco. Dopo tutto
cambia, il vino svolge il suo ruolo di collante invisibile e naturale e tutto si
svolge in un ambiente rilassato e gioviale.
La presenza di volta
in volta di un produttore che in persona provvede a portare, spiegare e servire
i propri prodotti ovviamente fornisce quel quid in più per rendere l'evento
unico nel suo genere.
Proprio ieri sera è
stato il turno di Samuele, disponibile e appassionato produttore lucchese che ci
ha fatto assaggiare i suoi tre vini.
Proprietario
dell'azienda Il Calamaio dal 2003, ci spiega come sia ormai avvenuta la
trasformazione da una agricoltura convenzionale ad una biologica. Entusiasmante
ascoltare la dedizione e la grande attenzione che mette in ogni attività sia in
vigna che in cantina, per una produzione che non arriva alle 10 mila bottiglie,
un numero straordinariamente piccolo se rapportato alle produzioni medie di
tante aziende vinicole, ma che rende ancora più speciale ogni singola bottiglia
che produce.
Il Soffio 2012 è un bianco atipico, composto da un uvaggio
originale e sicuramente inedito. L'unione di Chardonnay, Petite Arvine e Petit
Manseng crea un vino piacevole, dal colore quasi dorato (il Petit Manseng ci
spiega Samuele essere vitigno che contribuisce in maniera particolare al
colore), dalla discreta struttura e alcolicità. Forti sferzate sapide (il Petite
Arvine stavolta) e una buona freschezza.
Il Poiana è
sangiovese in purezza, stavolta una scelta territoriale. Gran bel prodotto. Il
2011 è pronto da godere, con la sua rusticità, la sua freschezza e un tannino
tenue che non ostacola la bevibilità. Nessun passaggio in legno, un vino per
tutti i giorni dalla bella complessità e un rapporto qualità/prezzo
commovente.
Si chiude con
l'Antenato 2012, risultato di vigne più vecchie che superano i 40 anni e di una
unione di vitigni autoctoni ormai quasi scomparsi o difficilmente utilizzati in
uvaggio (barsaglina, mazzese, buonamico, aleatico ecc..). Soltanto da pochi mesi
in bottiglia, lascia intravedere le sue potenzialità con un naso che presenta
frutta e accenni speziati, ancora non nitidissimi causa una leggera volatile. In
bocca ancora non equilibratissimo, acidità e tannini ci sono e va dato loro il
tempo di integrarsi nel frutto e nella splendida piccantezza che ho trovato nel
finale. Un vino che aspetterei un anno almeno per ritrovarlo in grande spolvero.
In ultimo la
confessione di avere piantato da un paio di anni un piccolo numero di piante a
Pinot Nero, non ci resta che aspettare per assaggiare la sua
versione.
Grazie a Samuele e
Marco per la bella serata. Alla prossima.
Condivido pienamente Gabriele, ben detto! La formula di Marco è vincente ed hai perfettamente ragione quando dici che il vino è un invisibile - e potente, aggiungo io - collante sociale. Specie se si tratta di vini interessanti come quelli di Samuele.
RispondiEliminaAlla prossima!
http://appuntididegustazione.blogspot.it/
Grazie per essere passato di qui Francesco, ti ho aggiunto nel blog roll. Alla prossima degustazione!
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